Dopo aver incontrato l’albo illustrato nel mio percorso universitario, ho scelto come lavoro per la tesi di laurea di approfondirlo attraverso un progetto sperimentale di lettura ad alta voce degli albi illustrati nel reparto di Oncoematologia pediatrica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma.
Nello specifico, la tesi “L’ albo illustrato come strumento di cura nell’ospedalizzazione pediatrica” ha sostenuto l’idea che la lettura ad alta voce e l’albo illustrato possano essere un supporto terapeutico in ospedale, non come sostituti delle terapie scientifiche e mediche, ma come strumenti fantastici che permettano a bambin* e ragazz* di evadere dalle pareti della stanza del ricovero e come momenti di condivisione tra adulto e bambino.
Partendo dagli studi del pedagogista Marco Dallari, relativi alle dinamiche di scambio tra narratore e narratario e in linea con le ricerche della dottoressa Rossella Caso, sulle competenze e sull’operato dell’educatore ospedaliero per l’infanzia, il lavoro ha voluto analizzare il valore della narrazione come pratica di cura attraverso la lettura ad alta voce e il ruolo di mediazione dell’albo illustrato nel rapporto adulto/bambino durante il periodo dell’ospedalizzazione.
La prima parte si concentra sul concetto di “cura” che nel linguaggio corrente è affiancato a quello di trattamento, terapia o guarigione in un’ottica prevalentemente medica, ma di cui è possibile offrire una definizione più ampia che consideri anche l’aspetto educativo, psicologico e relazionale della persona attraverso il pensiero filosofico di M. Heidegger, la nascita della pedagogia con le opere di J.J.Rousseau, l’attivismo pedagogico di M. Montessori, gli studi sull’intelligenza di J.Piaget e l’esordio del «sentimento dell’infanzia» definito dallo storico P. Ariés.
Attraverso questi autori, si è delineato il passaggio da una visione della cura del bambino legata unicamente all’igiene ad una pratica di cura che preveda gli aspetti diversi della vita umana, come quelli affettivi, cognitivi, sociali e che è possibile riscontrare anche in campo pediatrico – prendendo in considerazione il modello biopsicosociale della cura – e giuridico, passando per quei diritti e principi che garantiscono e tutelano la cura dei bambini, ritenuti membri della comunità, come si evince nel documento “Carta di EACH”.
Partendo da questi principi, è possibile pensare al processo di cura come un sistema di welfare state finalizzato al sostegno della persona, soprattutto se il nostro corpo deve affrontare una malattia.
Inoltre nelle teorie di J. Bruner sulla narrazione, negli studi sull’immaginazione di B. Munari e Vygotskij, nello stadio del gioco simbolico di J. Piaget, la sensibilità narrativa si arricchisce di senso educativo se affiancata alle illustrazioni di artisti come L. Lionni e M. Sendak.
Nella prima parte è stata condotta un’analisi sulla pratica narrativa attraverso l’albo illustrato e le sue caratteristiche iconografiche. La narrazione, in quanto attività di cura, è capace di incentivare scoperte di autonomia e di costruzione del Sé come risorsa promotrice sia di nuovi apprendimenti sia di comportamenti adattivi, utili ai bambini in una condizione difficile.
Nella seconda parte è stata illustrata la metodologia e la realizzazione del progetto “Paesaggi animati” incentrato sulla lettura ad alta voce dell’albo illustrato nel reparto di Oncoematologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ispirato dagli studi sul tema e approfonditi nella parte precedente. Con l’obiettivo di riscontrare se la proposta di lettura dell’albo illustrato è di gradimento nel periodo dell’ospedalizzazione e se si può raccontare del concetto di malattia attraverso di esso, è stata realizzata una mini biblioteca contenente una selezione di albi illustrati mirata al contesto specifico del reparto.
Uno degli albi illustrati selezionati e proposti è stato “Da quando arrivato Lallo” di Eva Montanari pubblicato nel 2009 da Kite Edizioni. Lallo è un piccolo essere, difficile da immaginare, che mette in difficoltà anche un lupo “abbastanza coraggioso”. Il protagonista immagina come possano essere vissute le terapie dal punto di vista dell’ospite indesiderato che, essendo un miliardo di volte più piccolo di lui, percepisce una siringa come un razzo spaziale, il cucchiaio della medicina come una piscina in cui tuffarsi e i globuli rossi della trasfusione come guerrieri che vanno a cercarlo.
I criteri che mi hanno portata a scegliere questo albo sono stati le illustrazioni e l’angolazione narrativa. Le immagini sono ampie, abitano interamente le pagine con dinamismo, consentendo un’immersione totale nella storia. Mattite e gessetti colorati si mescolano per ritrarre le pratiche ospedaliere in modo diretto, ma anche ironico, senza scadere nell’immaginario cliché del “bambino ospedalizzato”. Il lupo empatizza con Lallo, il suo ospite, spostando la preoccupazione di sé verso l’amico/nemico, attivando così un dialogo interiore che fa emergere le paure, i dubbi e i disagi della malattia. Ho apprezzato la scelta dell’autrice di raccontare una storia “scomoda” per offrire a tutti una visione della realtà onesta, a misura dell’infanzia e senza retorica.
In reparto le illustrazioni hanno generato un inconsueto spazio di ricezione e di discussione dei vissuti, facilitando la partecipazione dei bambini, delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze ad osservare da lontano anche i contenuti più dolorosi, attraverso l’atto di rielaborazione del testo narrato. In questo senso, l’albo illustrato è stato considerato uno strumento integrativo con la funzione di preparare al ricovero, alle pratiche diagnostiche, al percorso terapeutico e alla degenza nel reparto pediatrico in linea con il principio cardine della biblioterapia, ossia che l’utilizzo delle storie possa incrementare la capacità di fronteggiare i problemi di salute.
Questo lavoro mi ha permesso di tracciare un filo conduttore nell’evoluzione del concetto di cura, fino ad arrivare alla visione moderna di pratica di cura, legata alla relazione responsabile e consapevole tra l’individuo e la comunità educante. L’immagine di bambino competente che ne deriva, è la stessa promossa dai progetti pioneristici nella letteratura per l’infanzia, mostrando le potenzialità narrative, stilistiche e “terapeutiche” dell’albo illustrato.
Queste considerazioni preliminari e gli studi universitari relativi alla psico- pedagogia e alla storia della letteratura per l’infanzia, hanno orientato la stesura del progetto di lettura in ospedale, permettendo una scelta consapevole e mirata degli albi illustrati confermata dal gradimento positivo riscontrato nei lettori e nei narratori che hanno preso parte alle letture. L’albo illustrato ha suscitato attrattiva ed interesse, soprattutto rispetto alle illustrazioni e alla particolarità dei testi.
I lettori hanno preferito le storie che parlassero di bambini ed inoltre sono state spesso condivise con un adulto, favorendo così la costruzione di un’esperienza di lettura ad alta voce co-costruita. Dalle risposte emerse dai questionari di gradimento somministrati in reparto e dall’esperienza delle letture nel contesto ospedaliero, il libro viene ancora confuso con uno strumento didattico e la conoscenza e l’utilizzo dell’albo illustrato è predominante soprattutto nella fascia dei bambini al di sotto degli 8 anni in chiave ludica o inteso come libro-gioco. La tesi ha voluto approfondire e sottolineare gli aspetti che allontanano l’albo illustrato da quelli suddetti e come le sue peculiari caratteristiche possano essere attivatori di una riflessione e narrazione personale anche nella malattia.