Storia di Giulia

Illustrato da Anne Bozellec, scritto da Christian Bruel, tradotto da Maria Chiara Rioli.

Prima edizione 1975 Le Sourire qui mord, in Italia nel 2015 con Settenove.

Ho avuto il piacere e lo stupore di incontrare questo albo nel corso di formazione “Leggere senza stereotipi” curato e condotto dall’Associazione Scosse.

E’ stato il primo albo che ho acquistato tra i titoli della fitta bibliografia fornita alla fine degli incontri. 

Pur tralasciando il titolo evocativo, il ritratto di Giulia in copertina fa sostare il nostro occhio sull’illustrazione, sollevando riflessioni come “Perché l’ombra è rossa? Perché è diversa dalla postura della bambina? E di chi è?”. Già solo con questi pochi ma significativi elementi è possibile aprire un dialogo attorno all’albo in un momento di lettura con i ragazzi e le ragazze.

Nel colophon troviamo una nota dell’autore dagli archivi della prima edizione del 1974, eh già perché in realtà l’albo è di ben quasi 50 anni fa. 

Entrando nella storia, ci troviamo sui tetti di Parigi e degli oggetti rossi e sparsi ci accompagnano nella stanza di Giulia, uno spazio ludico vissuto in un disordine (o ordine) creativo. 

Dalle prime righe comprendiamo lo stile educativo e il pensiero culturale che regnano all’interno della casa e nella relazione con la bambina “Non puoi davvero far nulla come tutti gli altri?” le dice la mamma. 

Questo concetto di “come gli altri” e di omologazione viene subito puntualizzato dalla protagonista con un asciutto “Io sono Giulia!”, ma non è sufficiente per modificare la visione genitoriale sul binomio maschio/femmina e su come questi due universi debbano essere separati e soprattutto rientrare in un’idea al maschile e al femminile del tutto antiquata e castrante per un individuo alla scoperta della propria identità. 

Le prima pagine sono dedicate ai momenti quotidiani in casa e permettono all’osservatore di cogliere la personalità di Giulia in contrasto con l’idea che i genitori hanno di lei, la vorrebbero pacata, domata, docile, pettinata, ben vestita e sopra ogni cosa riconoscibile ai loro occhi e a quelli della società. Non le è consentito essere se stessa. 

In aggiunta le vengono ripetute parole accusatorie e giudicanti come “Sei un maschio mancato!”. Perché cosa manca a Giulia? Quale aspetto la rende incompleta secondo loro? Cosa definisce l’essere maschio o femmina? 

Queste parole le lasciano una traccia profonda, causando una frammentazione dell’identità illustrata con un’ombra diversa che somiglia a quella di una bambino. Cerca conforto e conferma dai genitori che però restano nella propria visione del mondo senza far entrare altre possibilità di lettura.

Senza una base sicura da cui tornare e dei modelli operativi interni che le restituiscano un’immagine positiva di sé, Giulia si trova costretta a fare i conti da sola con questa entità che la fa sentire inadeguata ed insicura tanto da voler vivere nel buio per non vederla più apparire.

L’incontro con un bambino reale le permette di specchiarsi nell’altro sesso e ridisegnare i propri contorni con più chiarezza. Entrambi sono invisibili agli occhi dei propri genitori seppur per motivi diversi e conversando comprendono l’importanza del “diritto di essere”.

L’opera di Christian Bruel e Anne Bozellec rientra nel catalogo degli albi pubblicati dalla casa editrice “Le Sourire qui mord” fondata nel 1974 dagli stessi autori. La loro idea è di  “stimolare il pubblico infantile offrendo loro i mezzi visivi, testuali, riflessivi e persino fisici per superare sé stessi e progredire nella comprensione di sé stessi e degli altri” e “La storia di Giulia” diventa pioniera di questa mission.

Le illustrazioni, che ricordano lo stile dei fumetti anni ’70, sono meno didascaliche del testo che in alcuni passaggi risulta un po’ istruttivo-educativo e con un alone moralisticheggiante, ma che permette al giovane lettore di trovare comunque parti di sé e di emanciparsi dai punti di vista preconfezionati. Nelle immagini troviamo l’uso della triade cromatica bianco/rosso/nero che nelle fiabe classiche e nella letteratura del seicento era riconducibile ai canoni di bellezza, ad un’idea di donna perfetta nella quale il personaggio di Giulia viene incasellato. In queste tavole il rosso risalta gli elementi narrativi, infantili, ludici, di rottura ed identitari che appartengono al maschile e al femminile, accompagnando così l’occhio del lettore verso la conoscenza e l’evoluzione del mondo della bambina.

Questo albo non ha avuto una vita facile, gli autori ricevettero una lettera dalla commissione francese che si occupava delle pubblicazioni per i giovani, la quale affermava che la storia non rispettava alcune leggi in vigore sui testi per ragazzi, poiché era un’opera morbosa, pornografica e triste. Al di là di questa visione adultocentrica della letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, la storia solleva temi spesso tabù e poco affrontati nei percorsi di lettura con ragazzi e ragazze.

Inoltre il congegno narrativo dell’ombra consente a più fasce d’età di immedesimarsi nella protagonista (o nel suo doppio) favorendo una comprensione globale di sé e degli altri, attraverso l’accettazione della propria intimità/identità e che potrebbe aprire scenari di riflessione interessanti se solo confrontassimo la nostra ombra con quella degli altri.

Osservandola chi siamo? Come appariamo? Se la unisco a quella dell’altro, cosa diventiamo?

La storia di Giulia è la storia di tutti in momenti diversi dello sviluppo.

Età consigliata dai 10 anni

Credits Photo: Christian Bruel , Anne Bozellec, Settenove.

Un commento Aggiungi il tuo

  1. lisa zambon ha detto:

    Grazie per questa bellissima recensione.
    Lo acquisterò per mia figlia Giulia di 11 anni, per poterla avvicinare alle tematiche delle stereotipie con questa delicata storia.

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