“Tempestina” di Lena Anderson
“Tempestina” è stato l’albo illustrato che scelsi per il mio elaborato per il Corso di Aggiornamento Professionale “Promuovere la lettura e la letteratura a bambini, ragazzi e adolescenti (6-14/16 anni): formare lettori motivati e critici” condotto dalla Dott.ssa Blezza Picherle e il Prof. Ganzerla presso l’Università di Verona per diventare Promotore alla Lettura.
L’albo illustrato “TempeStina” è il primo episodio delle avventure di Stina. Il testo e le illustrazioni dell’opera sono dell’artista Lena Anderson di Stoccolma. La prima pubblicazione dell’albo illustrato è avvenuta nel 1988 ed è giunta in Italia nel 2018 grazie alla casa editrice milanese “LupoGuido”.
È interessante notare che sono passati trent’anni prima che questo albo illustrato potesse giungere nelle mani dei lettori italiani. Potremmo supporre che i tratti fisici chiari come anche quelli “selvaggi” della personalità della protagonista non rispecchiavano le “figure infantili esemplari” a cui il nostro paese era abituato.
La storia narra di un’estate che Stina, una bambina tra i sei e gli otto anni, trascorre a casa del nonno materno residente su un’isola dell’arcipelago. Lui la paragona ad un “vento di tempesta” e si occupa soprattutto di pesca. Ogni giorno coinvolge la nipote in quest’attività che lei vive con forte interesse e accompagnata dal suo ippopotamo di stoffa. Insieme condividono le diverse routine della giornata in un ritmo lento, scandito dal loro rapporto e da quello con la natura, come cucinare insieme, prendersi cura della casa, catturare pesci prelibati e darsi la buonanotte. Ma una sera, in cui è in arrivo una “vera tempesta”, il nonno non trova Stina nel suo letto. Esce a cercarla, trovando la bambina infreddolita e spaventata seduta su uno scoglio da dove voleva vedere la tempesta. Il nonno riporta la nipote a casa per fornirle l’abbigliamento adatto per poterlo fare. Così escono di nuovo per ammirare insieme il temporale e mentre sono lì le onde portano verso la costa un cassetto. Stina si diverte a raccogliere “oggetti sospinti a riva dal mare” e decide di portarlo a casa per trasformarlo in un “armadio” che custodisce tutti i suoi tesori.
Questo albo illustrato è pluritematico e polisemico, richiede una lettura a più livelli per individuare i temi meno evidenti o che racchiudono più sensi, poiché la narrazione si sviluppa sia attraverso il codice iconico, che ci illumina degli elementi, e sia quello verbale che ne mette in risalto altri.
Da una lettura più approfondita emergono due principali macro-tematiche: la ricerca dell’identità e le relazioni interpersonali.
La “ricerca dell’identità” racchiude molteplici significati e sottotemi come:
- crescita;
- libertà di espressione e di sperimentazione;
- scoperta di Sé e del mondo per tentativi;
- curiosità di agire anche in autonomia;
- gioco spontaneo;
- viaggio interiore;
- avventura;
- coraggio di superare i propri limiti mettendosi alla prova;
- accettazione e trasformazione delle proprie fragilità emotive ed evolutive.
Lo sviluppo di questo primo nucleo tematico si evince da alcuni “indizi letterari” come parole, dialoghi, descrizioni ed illustrazioni presenti nella storia che “collegati tra loro ci consentono di costruire il significato secondo un principio di coerenza” (Blezza Picherle, 2015, p.237).
Stina, attraverso la figura retorica della similitudine viene paragonata ad “un vento di tempesta”, elemento atmosferico che cambia anche all’improvviso, che porta dinamismo e ritmi diversi, come
le fasi evolutive dell’infanzia. Tant’è che all’inizio della storia il vento è calmo, la bambina è serena e presa dalle proprie ricerche; ciò si riflette anche nel mare che “è così liscio che sembra appena stirato”. In questa parte della storia il tema della libertà è rilevante ed inizia a delinearsi attraverso l’attività ludica ed euristica in Outdoor svolta dalla protagonista. L’ambiente circostante diventa maestro di vita, un’enciclopedia all’aria aperta a cui porre le domande e da cui ricavare le risposte, come quando Stina trova “una bella piuma grossa” e si interroga sul suo proprietario. Oppure quando il mare le restituisce e le regala degli oggetti inaspettati come ad esempio il cassetto nelle scene finali. La ricerca dell’identità si manifesta anche attraverso le avventure quotidiane vissute dalla bambina che sono di due tipologie diverse: domestiche e in esterna, condotte in modo autonomo o condiviso. Entrambe sono accolte dalla bambina con entusiasmo e senso del piacere, poiché sono occasioni ricche per fare esperienza, per costruire il proprio sé interiore e per “toccare” le proprie capacità e i propri limiti. Ciò si evince dalle espressioni distese e appagate narrate dalle illustrazioni e dalle posture assunte dalla bambina.
Una delle attività maggiormente gradite da Stina è quella in mare, ossia pescare con il nonno. Non è solo un’azione necessaria a soddisfare il fabbisogno giornaliero, ma “una lotteria” che suscita sorpresa ogni giorno in modo emozionante e che incanta il volto di Stina mentre osserva i disegni lasciati dal passaggio della barca nell’acqua, comunicandoci un’atmosfera fatta di quiete, attesa e meraviglia. Controlla le reti da pesca anche da sola, come fa il nonno, rendendosi utile e conoscendo così i segreti del “mestiere”. Le informazioni inserite sulla pesca contribuiscono a costruire lo scenario nordico all’interno del quale si svolge la storia e ci sono diversi elementi che aiutano il lettore ad entrare in tale atmosfera:
- il nonno che vive “su un’isola dell’arcipelago”;
- la vita da pescatore con l’uso di reti gettate a mano e la presenza di un “vivaio per pesci”;
- le tipologie di pesci nominati nell’albo come il “rombo chiodato”, “la passera” e “il persico” tipici
del Mar Baltico; - il colore dei capelli dei protagonisti talmente chiari da essere bianchi, tratto riconducibile alle
popolazioni nord europee.
In “TempeStina” il tema principale segue l’andamento delle condizioni atmosferiche, raggiungendo un picco centrale nella narrazione quando la bambina decide di allontanarsi da casa per andare a vedere la tempesta da sola. Il processo di crescita di Stina è parallelo a quello della tempesta e il
lettore vive questo cambiamento narrativo, emotivo e di scenario accompagnato dalla variazione dei colori e dal ritmo della storia. Sicura delle esperienze fatte sull’isola e in mare con il nonno, Stina pensa di essere “equipaggiata” per potersi addentrare in questa avventura. Le frasi “Oh, una tempesta…pensa Stina. Una vera tempesta!” fanno emergere la meraviglia, lo stupore e la curiosità della bambina che la spingono verso la scoperta.
Infatti si alza da tavola dicendo al nonno di essere stanca, ma quel “Mi sa” nel testo e l’espressione vispa sul volto di Stina nell’illustrazione, ci fanno restare dubbiosi sulle sue intenzioni e il letto vuoto ne è una conferma. Questa parte della storia suscita alcune riflessioni interessanti da indagare: Stina è consapevole della pericolosità della tempesta? Oppure è quel bisogno di libertà e di ricerca che la guida in modo inconsapevole? Perché se piove esce senza scarpe, cappotto e cappello? Le risposte le troviamo nell’intervento del nonno che ci conduce verso il secondo tema principale: le relazioni interpersonali.
Questo secondo macro-tema principale ne contiene degli altri che si intrecciano in modo diversificato anche con i valori dell’albo:
- la famiglia;
- il dialogo;
- l’ascolto attivo;
- il confronto;
- la comunicazione efficace;
- la trasgressività;
- l’affermazione della propria identità attraverso la relazione con l’altro;
- le emozioni conflittuali;
Il nonno e la sua relazione con Stina incarnano appieno tali tematiche, è colui che accoglie e comprende l’azione “incosciente” della nipote e senza sgridarla la prende il braccio e le dice “No, adesso torniamo a casa e ricominciamo da capo” e “Quando c’è una tempesta è meglio essere in due”. Questa parte completa il processo di ricerca dell’identità avviato da Stina, in cui la bambina è riconosciuta dal nonno come capace di affrontare le difficoltà da sola, ma anche grazie al suo sostegno, offrendole l’opportunità di mantenere la propria libertà/identità pur avendo trasgredito e mettendosi in pericolo. Si può andare incontro alle complessità della vita, come trovarsi da soli e smarriti in una tempesta, ma si può imparare a fronteggiarle, osservandole da una prospettiva (o da uno scoglio) diversa e soprattutto sapere che “Una tempesta ogni tanto non fa male, eh, nonno?”.
Nel Frontespizio troviamo una presentazione illustrata della protagonista con un’espressione gioiosa, con le braccia aperte verso il lettore e che indossa alcuni oggetti utili alla storia come il cappello giallo, già visibile nella copertina, che Stina riceverà dal nonno insieme agli scarponi per andare nella tempesta. Poi il bastone con la piuma che impugna nell’illustrazione dell’incipit, inoltre la piuma è uno degli oggetti che Stina raccoglie nella storia. Infine un sacchetto fatto di rete relativo alle attività di pesca svolte con il nonno. Questi dettagli possono essere già degli indizi da osservare e ricercare con i bambini in un percorso di lettura.
La tecnica illustrativa utilizzata nell’albo è quella dell’acquerello con dei tratti di rinforzo all’immagine con la matita. La composizione scelta per le illustrazioni è centrale ed occupa quasi l’intera pagina, ma con punto di fuga laterale per esprimere azione anche nei momenti di pace e di tranquillità, come quando i due personaggi fanno colazione o mangiano il persico. Quando ci sono delle scene più dinamiche, come in mare o nella tempesta, c’è una torsione dei soggetti rappresentati con delle posture più energiche anche attraverso un gioco di diagonali che ci fa percepire dei cambi nella storia. Anche se nelle varie tavole sono raffigurati degli oggetti, non sono mai ritratti in modo statico, ma illustrati in una posizione che li rende comunque interessanti, come ad esempio la pentola con dentro il cibo.
Parole ed immagini sono comunicanti anche grazie al modo in cui è stato usato il contrasto cromatico, come ad esempio la luce più chiara ed intensa proveniente dalla casa che veicola calore, sicurezza e protezione e la zona più buia e torbida verso gli scogli dove Stina è da sola, spaventata e smarrita.
Anche il tratteggio fitto della pioggia con inclinazioni diverse ci coinvolge a livello sensoriale, quasi da riuscire a sentire la sua forza respingente sul corpo (la postura del nonno con il braccio alzato narra tale aspetto) o battente sulla schiena (il nonno usa il suo corpo per proteggere Stina dalla pioggia oltre che per accoglierla emotivamente).
L’autrice, attraverso il codice iconico, narra due storie parallele e collegate tra loro: una principale affidata alle immagini che si sviluppano sulla doppia pagina ed un’altra più didascalica raccontata dagli oggetti accanto al testo, che hanno un rapporto di causa-effetto sia con le illustrazioni principali sia con il codice verbale. Gli oggetti focalizzano l’attenzione del lettore sulle azioni svolte dai personaggi, creando una connessione finalizzata alla comprensione della storia principale, come ad esempio nella tavola in cui “il nonno si prepara un caffè”: nella parte superiore vediamo il personaggio con un bollitore in mano, ma non con il caffè. Mentre accanto al testo è raffigurata una tazzina con il caffè che, non solo trasforma iconograficamente le parole, ma invita ad un collegamento dell’oggetto con l’azione precedente, permettendo al lettore di organizzare in modo sequenziale e sensato i costrutti della storia. C’è una collaborazione tra testo ed immagine che richiede dei “meccanismi del pensiero simbolico- metaforico e inferenziale complessi, per compiere un riconoscimento processuale delle parti del racconto e non limitandosi ad identificare gli oggetti rappresentati” (Dallari, 2013).
Questo congegno inferenziale è visibile anche nel peluche di Stina che è accanto alla protagonista durante le attività quotidiane come compagno di giochi simbolici, ma emerge anche come un personaggio ponte tra il lettore e la storia perfettamente in contatto con le emozioni della bambina. Il pupazzo ci interpella, esprime stati d’animo diversi attraverso le posizioni con cui viene illustrato e partecipa dinamicamente alla storia, rompendo la linearità narrativa delle tavole principali.
Le illustrazioni della Anderson presentano “un’aderenza realistica alla percezione quotidiana della realtà” (Campagnaro, 2012, p.63), soprattutto quella bambina, favorendo così:
- L’immedesimazione del giovane lettore;
- La comprensione delle emozioni dei personaggi;
- L’elaborazione metacognitiva della storia;
- La capacità di incrementare autonomamente le proprie competenze narrative.
Stina è in linea con i principi della Pedagogia Attiva, in cui il bambino viene visto a “più dimensioni” come soggetto “pensante”, competente e costruttore dei propri saperi (Frabboni, 1994, p.17). La sua curiosità è predominante ed affiora dal suo modo di relazionarsi con la natura e con il nonno, oltre che dalle sue caratteristiche fisiche. Si muove a piedi nudi, come segno di libertà, ha i capelli “elettrici” dati dalla vivacità, gira fiduciosa e serena sull’isola senza la presenza ostacolante dell’adulto ed indossa abiti comodi per poter giocare. È autonoma e si evince dalle attività che svolge, come quelle di cura domestica e non perché rientra nella “vita al femminile” (Blezza Picherle, 2020) o al servizio del nonno, ma per imparare a fare da sé. Il personaggio non è una bambina idealizzata, mite o una miniaturizzazione dell’adulto che rinuncia alla propria identità per omologarsi all’idea di “bambina buona”. È una bambina che apprende dall’esperienza diretta, che affronta una tempesta per misurarsi. L’originalità di Stina risiede nella sua dimensione “selvaggia”, libera, ludica, capace di imparare dai propri errori e di accettare i propri limiti, rendendosi conto che “quando c’è una tempesta bisogna essere in due” e che la condivisione è una competenza che va co- costruita. Ad esempio nell’ultima scena Stina indossa i calzini in casa. Per tutto il racconti ci siamo abituati a vederla scalza, ma l’esperienza della tempesta, se pur pericolosa, le ha permesso di “aggiungere” qualcosa di utile a sé stessa.
Il racconto mette in evidenza le fragilità dell’infanzia, sentendosi smarriti, spaventati e da soli a scontrarsi con le tempeste interiori.
Il nonno, all’inizio della storia, potrebbe sembrare una figura “emblematica”. È illustrato con un viso sereno che gusta i tempi della vita sull’arcipelago dettati dall’attività della pesca. È rilassato, assumendo posture morbide e comode, però posto ad una certa distanza fisica da Stina. Potrebbe sembrare distratto, preso dalle proprie cose e poco attento ai bisogni della nipote. Invece i tratti del nonno e il suo agire educativo emergono e diventano più chiari al lettore quando si accorge che Stina non è nel suo letto. Dopo il suo allontanamento da casa ci potremmo aspettare una bella strigliata o punizione per la bambina, poiché è un tipo di reazione a cui siamo prevalentemente abituati in una letteratura istruttivo- educativa. Accade il contrario, il nonno è un adulto incoraggiante che lascia alla nipote lo spazio di esprimersi all’interno di un clima familiare interattivo. È un facilitatore che le offre l’opportunità di vivere e rivivere positivamente l’esperienza per costruire progressivamente la propria identità.
Con le frasi “adesso torniamo a casa e ricominciamo da capo” e “quando c’è una tempesta è meglio essere in due” si fa esempio di un sapere prassico capace di “attivare, comprendere, sottolineare il positivo, ridimensionare l’insuccesso e responsabilizzare” (Girelli, 2021) la nipote senza giudicare, vincolare o sostituirsi ad ella. Questa cura nei riguardi di Stina è espressa anche dalle illustrazioni, infatti dopo l’accaduto il nonno non cambia la sua tranquillità o serenità nel volto, resta accogliente, aperto e comunicante, rimane dietro di lei ad osservare la tempesta. È in ascolto del bisogno di Stina di vedere, capire e provare la vita e lo esprime con un’accettazione incondizionata della bambina come individuo altro da sé, evidente nella tavola in cui la abbraccia. In diversi punti della storia il nonno usa l’espressione “Ah, si?” quando Stina ha un’idea o fa una proposta “oggi tocca a me lavare i piatti”, “Mi sa che vado a dormire”, “Ce lo portiamo a casa” …” Ah, si?” le risponde il nonno. Potremmo dire che la sua domanda è aperta, che incoraggia a parlare, ad esprimersi e a riflettere. È come una “frase-invito” tipica di una comunicazione efficace e di un ascolto attivo.
In questo albo le parole scelte e selezionate dall’autrice Lena Anderson e dalla traduttrice Laura Cangemi conferiscono un ritmo lento e disteso alla storia che segue i bisogni narrativi del lettore e permette di penetrare gli ambienti di vita dei personaggi. C’è una particolare attenzione alle descrizioni degli oggetti e degli elementi presenti sull’isola che consentono al narratario di gustare la lettura e passare poi ad un’altra scena.
Lo stile è leggero e a tratti poetico soprattutto nell’incipit della storia, ciò si evince dalla selezione delle parole quasi sensoriali ed evocative come in “oggetti sospinti” o dalla loro disposizione in “a riva dal mare”. La musicalità della frase è data proprio dall’ordine curato dei termini. Nell’albo emerge un gusto per il dettaglio, “donando al testo una dimensione sensoriale coinvolgente e stimolante, sollecitando il lettore a partecipare con tutto il corpo agli eventi narrativi” (Blezza Picherle, 2020).
Gli aggettivi scelti per le varie descrizioni riempiono l’immaginario e “la bocca” del lettore per giocare con i suoni, per sollecitare delle riflessioni e per assaporare la qualità delle parole. L’accostamento di aggettivi e di sostantivi musicali come “un sacco di alghe ingarbugliate”, “gingilli”, “rutilo striminzito”, “il fragore del mare” rende gli oggetti vivi e non banali. Questa accuratezza descrittiva viene usata anche per far emergere lo stato d’animo dei personaggi come “il nonno allarmato” o “sei fradicia” ed accrescono la dimensione sinestesica del lettore e lo invitano ad essere un ricercatore di significati attraverso il piacere della lettura, l’immedesimazione e il ragionamento.
Anche i verbi hanno una loro importanza per definire lo stile e la qualità di un albo illustrato, per un bambino leggere che “la pioggia gli sferza la faccia” significa muoversi verso l’alterità, essere coinvolto emotivamente ed empaticamente nella vicenda e raffinare il proprio sguardo estetico e semantico.
La storia ha uno sguardo anche verso i diritti dell’infanzia come valori da promuovere e da difendere, nello specifico:
- il diritto al gioco: Stina esplora in modo ludico le proprie emozioni e l’ambiente attraverso le attività con il nonno e il gioco euristico con gli oggetti;
- il diritto alla vita dei bambini ed avere una famiglia, in cui crescere in sicurezza morale ed affettiva per lo sviluppo della propria personalità: infatti il nonno sostiene la nipote nelle proprie scelte, anche quella bizzarra di raccogliere un cassetto in mare o di andare a vedere una tempesta.
- il diritto di esprimere la propria opinione al pari di un adulto e di dare voce ai propri pensieri liberamente: Stina è in contatto con un ambiente familiare che le consente di essere ascoltata.
- Il diritto all’educazione: Stina e i suoi bisogni sono al centro del processo educativo attivo ed inclusivo attraverso un apprendimento spontaneo, a contatto con la natura, e strutturato all’interno della relazione con l’adulto. Lo si evince dallo scambio verbale alla pari che c’è con il nonno, dal rispetto dei tempi di apprendimento e dagli spazi dell’uno e dell’altra, oltre che dalla fiducia che il nonno ripone in lei nel farle svolgere delle attività da sola e in mare. In questa dinamica possiamo ricollegare i principali esponenti della Pedagogia Attiva come la filosofia di Dewey in cui il “fare” e il “pensare” maturano nell’esperienza; il pensiero di Maria Montessori per il principio dell’autonomia e del bambino laborioso; la manipolazione di materiali destrutturati relativi ad Elinor Goldschmied e Rosa Agazzi fino all’importanza della natura come fonte di percezione di sé e del mondo di Frӧbel.
Questi valori tessuti con i diritti dell’infanzia li ritroviamo negli albi di qualità, perché rientrano nel diritto ad avere una letteratura che permetta a bambin* e ragazz* di crescere umanamente.
Credits Photo: “Tempestina” – Lena Anderson – LupoGuido